Mercoledì 6 aprile 2016 la trasmissione televisiva “Suonare Dalfiume”, condotta settimanalmente dalle 19:00 alle 20:00 dal comico e conduttore Davide Dalfiume su DI.TV Imola, ha interamente dedicato una puntata al tema del “Gioco”. Ospiti in studio Christian Citraro (docente di scuola primaria e divulgatore ludico), Maria Zappalà (campionessa di dama italiana 2015), Franco Bellandi (scrittore) e Daniele Ruggiano (attore). La trasmissione ha offerto la quanto mai rara occasione per parlare dell’importanza del gioco e del significato che assume nel contesto socio-culturale attuale, interrogandosi al contempo sulle devianze recentemente assunte in relazione all’abuso dello stesso.
Definito da Huizinga, fisoloso olandese del ‘900, come «un’attività fuori dalla vita ordinaria senza interessi materiali», al gioco vengono attribuiti un profondo valore educativo ed un ruolo essenziale nella maturazione globale del bambino, in quanto attività favorente lo sviluppo delle varie dimensioni della persona. Il gioco è il pane quotidiano di cui il bambino si nutre, è come un lavoro, un’attività attraverso la quale i suoi sensi, le sue emozioni e il suo cervello si sviluppano, vero e proprio evento cognitivo e di apprendimento. Attraverso il gioco l’individuo si libera del regno del necessario per conquistare quello del possibile. Il gioco non ha confini geografici, sociali ed economici: può essere praticato da tutti a tutte le età, esercitando una funzione altamente socializzante.
Comunemente rientranti nell’accezione “giochi da tavolo”, i popolarissimi giochi della Dama, degli Scacchi e del Bridge hanno recentemente vista riconosciuta da parte del Comitato Olimpico ed altri organi internazionali la definizione di “Sport della Mente”, diventando ufficialmente “Discipline Sportive Associate” riconosciute dal CONI.
Il Ministero della Pubblica Istruzione (MIUR), mediante appositi protocolli d’intesa sottoscritti con la Federazione Italiana Dama (FID), la Federazione Scacchistica Italiana (FSI) e la Federazione Italiana Giuoco Bridge (FIGB), considerando le tre discipline come associate al CONI, autorizza formalmente le scuole che lo richiedono alla loro pratica, nell’ampia cornice del Progetto “Sport a Scuola”. Gli sport della mente coinvolgono l’individuo sul piano comportamentale (educazione civica), strutturale (ragionamento) e funzionale (calcolo mentale, memoria e concentrazione), e possono diventare, inoltre, strumento di supporto per studenti diversamente abili e/o con difficoltà di apprendimento.
Il gioco, tuttavia, nonostante le nobili prerogative, nasconde inevitabilmente un suo “lato oscuro”. Come sono cambiate le abitudini ludiche dei più giovani? Quando il gioco finisce di essere tale e si trasforma in patologia?
Per gli addetti ai lavori, il problema è rappresentato dalla crescente ascesa dei disturbi correlati al “gioco d’azzardo patologico”, o “azzardopatia”, definita genericamente e impropriamente “ludopatia”, che caratterizza, a diversi gradi e in differenti modi, sia le vecchie che le giovani generazioni.
Nelle giovani generazioni, la disponibilità di apparecchi digitali e dispositivi multimediali, videogame e simili, ha generato fenomeni di alienazione o di vera e propria ossessione, che hanno modificato le abitudini ludiche di una larga fetta di adolescenti.
Per le generazioni adulte, la notevole offerta correlata al boom delle scommesse sportive, gratta e vinci, super-enalotto, videopoker, casinò on-line e giochi d’azzardo in genere, ha recentemente prodotto un aumento delle patologie compulsive correlate all’uso improprio di questi strumenti.
Oggigiorno diventa più che mai necessario mettere in atto tutte le strategie utili a contrastare i fenomeni riconducibili sia al gioco digitale ossessivo-compulsivo che al gioco d'azzardo patologico, attraverso una rinnovata azione di divulgazione dei temi cari alla cultura ludica che distingua l'autentico e genuino "gioco" dal "gioco d'azzardo", una commistione semantica che nel nostro Paese genera da troppo tempo confusione e non rende giustizia al significato più nobile di esso.
- Guarda il video integrale della puntata
- Post consultabile anche su Ludendo docere - Blog ludico-didattico di Christian Citraro
Definito da Huizinga, fisoloso olandese del ‘900, come «un’attività fuori dalla vita ordinaria senza interessi materiali», al gioco vengono attribuiti un profondo valore educativo ed un ruolo essenziale nella maturazione globale del bambino, in quanto attività favorente lo sviluppo delle varie dimensioni della persona. Il gioco è il pane quotidiano di cui il bambino si nutre, è come un lavoro, un’attività attraverso la quale i suoi sensi, le sue emozioni e il suo cervello si sviluppano, vero e proprio evento cognitivo e di apprendimento. Attraverso il gioco l’individuo si libera del regno del necessario per conquistare quello del possibile. Il gioco non ha confini geografici, sociali ed economici: può essere praticato da tutti a tutte le età, esercitando una funzione altamente socializzante.
Comunemente rientranti nell’accezione “giochi da tavolo”, i popolarissimi giochi della Dama, degli Scacchi e del Bridge hanno recentemente vista riconosciuta da parte del Comitato Olimpico ed altri organi internazionali la definizione di “Sport della Mente”, diventando ufficialmente “Discipline Sportive Associate” riconosciute dal CONI.
Il Ministero della Pubblica Istruzione (MIUR), mediante appositi protocolli d’intesa sottoscritti con la Federazione Italiana Dama (FID), la Federazione Scacchistica Italiana (FSI) e la Federazione Italiana Giuoco Bridge (FIGB), considerando le tre discipline come associate al CONI, autorizza formalmente le scuole che lo richiedono alla loro pratica, nell’ampia cornice del Progetto “Sport a Scuola”. Gli sport della mente coinvolgono l’individuo sul piano comportamentale (educazione civica), strutturale (ragionamento) e funzionale (calcolo mentale, memoria e concentrazione), e possono diventare, inoltre, strumento di supporto per studenti diversamente abili e/o con difficoltà di apprendimento.
Il gioco, tuttavia, nonostante le nobili prerogative, nasconde inevitabilmente un suo “lato oscuro”. Come sono cambiate le abitudini ludiche dei più giovani? Quando il gioco finisce di essere tale e si trasforma in patologia?
Per gli addetti ai lavori, il problema è rappresentato dalla crescente ascesa dei disturbi correlati al “gioco d’azzardo patologico”, o “azzardopatia”, definita genericamente e impropriamente “ludopatia”, che caratterizza, a diversi gradi e in differenti modi, sia le vecchie che le giovani generazioni.
Nelle giovani generazioni, la disponibilità di apparecchi digitali e dispositivi multimediali, videogame e simili, ha generato fenomeni di alienazione o di vera e propria ossessione, che hanno modificato le abitudini ludiche di una larga fetta di adolescenti.
Per le generazioni adulte, la notevole offerta correlata al boom delle scommesse sportive, gratta e vinci, super-enalotto, videopoker, casinò on-line e giochi d’azzardo in genere, ha recentemente prodotto un aumento delle patologie compulsive correlate all’uso improprio di questi strumenti.
Da sx: F. Bellandi, C. Citraro, M. Zappalà, D. Dalfiume, D. Ruggiano |
Oggigiorno diventa più che mai necessario mettere in atto tutte le strategie utili a contrastare i fenomeni riconducibili sia al gioco digitale ossessivo-compulsivo che al gioco d'azzardo patologico, attraverso una rinnovata azione di divulgazione dei temi cari alla cultura ludica che distingua l'autentico e genuino "gioco" dal "gioco d'azzardo", una commistione semantica che nel nostro Paese genera da troppo tempo confusione e non rende giustizia al significato più nobile di esso.
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